L'avarizia

 

I 7 peccati capitali

  1. Ira
  2. Accidia
  3. Invidia
  4. Superbia
  5. Avarizia
  6. Gola
  7. Lussuria

Cos'è

I principali dizionari definiscono l'avarizia come una: "egoistica avversione allo spendere e al donare" o come un "esagerato attaccamento al denaro che si manifesta come un'eccessiva riluttanza a spendere". L'avarizia consiste quindi nel desiderio di possedere e conservare denaro, beni o oggetti in quantità maggiore a quanto necessario per la sopravvivenza o per una vita comoda.

Il valore che l'avaro attribuisce a ciò che possiede è smisurato e supera qualunque altro valore: conta solo l'avere piuttosto che il fruire di ciò che ha, il tenere per sè piuttosto che il dare.

Ma il premio dell'avaro è un illusione: egli diventa schiavo delle sue stesse ricchezze e perde la sua libertà, poichè giunge a subordinare ai suoi possedimenti la sua stessa vita che diventa arida e incolore.

Il timore continuo di vedersi strappare i beni conquistati è l'apprensione tipica dell'avaro, e non si tratta solo del denaro ma di tutto ciò che lui pensa gli appartenga: il tempo, l'intelligenza, la conoscenza, ecc.

L'avarizia nella dottrina cattolica

Nel Cristianesimo l'avarizia è definita "cupidigia disordinata dei beni materiali", e proprio perchè porta chi ne è travolto a mettere le ricchezze al di sopra di tutto, è considerata una forma di idolatria.

Il denaro sfida Dio, ne occupa il posto, ma: "Nessuno può servire due padroni, perchè o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza", come dice Gesù.

La tentazione sottile e velenosa dell'avarizia è sempre in agguato: l'avaro non è solo il patetico protagonista della celebre commedia di Molière o qualche altro personaggio tirchio e spilorcio che ci è estraneo per la sua goffaggine e ridicolezza, ma potrebbe, invece, essere anche dentro di noi.

La psicologia dell'avaro

Il denaro che lo spilorcio accumula è destinato ad essere conservato, a non essere mai speso. Se spende il denaro, infatti, viene meno il suo "potere" e non può più consolarsi nella certezza che quanto ha accumulato gli servirà in qualsiasi momento.

"Io sono ciò che ho", ripete di sè l'avaro, e pone nell'avere la radice del suo essere. Di ogni realtà economicamente quantificabile cerca il dominio esclusivo e non un gioioso godimento.. così il denaro cessa di essere un mezzo e diventa un fine.

L'origine dell'avarizia

Dopo aver tentato diverse spiegazioni, nessuna delle quali però appare sufficiente (sete di potenza, volontà di accedere ad una condizione di super-rispettabilità, convinzione che con il denaro si possano sostituire qualità umane di cui ci si riconosce carente), gli antropologi hanno dimostrato che l'ossessione della fortuna economica è associata al bisogno di sicurezza e, in particolare, alla paura del futuro e alla paura della morte.

Le figlie dell'avarizia

Figlie dell'avarizia sono, secondo San Gregorio Magno, l'insensibilità del cuore, l'inquietudine nel possesso, la violenza nell'appropriazione, il furto e anche il tradimento, senza parlare della tristezza.

A questo proposito, Giovanni Verga racconta nel suo Mastro don Gesualdo che quando il protagonista si accorge di essere malato decide di dare un ultimo saluto alle sue amate proprietà: ĞDisperato di dover morire, si mise a bastonare anatre e tacchini, a strappar gemme e sementi. Avrebbe voluto distruggere d'un colpo tutto quel ben di Dio che aveva accumulato a poco a poco. Voleva che la sua roba se ne andasse con lui, disperata come luiğ .L'avarizia è un fardello che appesantisce il cuore

IN CONCLUSIONE

"Il denaro è un buon servitore ma un cattivo maestro", come dice la scrittrice francese Francoise Sagan.

Collocandoci di fronte all'infinito, di fronte alla morte, ogni cosa trova il suo giusto valore e, dunque, la sua giusta collocazione. Una notte, un vecchio indiano raccontò a suo nipote una storia: "Figlio mio, la battaglia nel nostro cuore è combattuta da due lupi. Un lupo è maligno: è collera, gelosia, tristezza, rammarico, avidità, arroganza, autocommiserazione, colpa, risentimento, inferiorità, falso orgoglio, superiorità è l'ego. L'altro è buono: è gioia, pace, amore, speranza, serenità, umiltà, gentilezza, benevolenza, immedesimazione, generosità, verità, compassione e fede". Il nipote, dopo averci pensato per qualche minuto, chiese al nonno: "Quale dei due lupi vince?".Il vecchio rispose semplicemente: "Quello che tu nutri".

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